Foto monastero

La fraternità: passato e presente

 

La comunità


Le origini del monastero di S. Agata Feltria sono molto antiche. Secondo la tradizione, è stato fondato, nel 1218 da S. Agnese, sorella di S. Chiara, a S. Antimo, località sulla strada che conduce in Toscana, distante 10 Km da S. Agata. Quindi a soli sei anni di distanza da quello di San Damiano.
Dopo circa un secolo le sorelle furono costrette ad abbandonare il monastero sia per ragioni climatiche che di  sicurezza e si unirono alla comunità di S. Vincenzo, presso Rocca Pratiffi.

Questo monastero era sorto verso la metà del XIII secolo, con tutta probabilità fondato dallo stesso monastero di S. Antimo che stava già preparando il proprio trasferimento.
Nel 1257 Papa Alessandro IV dà la regola di S. Chiara ai due monasteri ponendoli anche sotto la giurisdizione del Provinciale dei Minori di Bologna.

Nel 1297 alle sorelle di S. Antimo è consegnata la Regola di Urbano IV.
Per oltre due secoli le sorelle abitarono il convento di S. Vincenzo poi, verso la fine del XV secolo (o al principio del XVI), si trasferirono in S. Agata Feltria.
Nel 1561, una frana travolse tutto il borgo di S. Agata e il monastero venne distrutto. Le sorelle furono accolte nel fabbricato, che occupano tuttora, presso la chiesa di S. Maria Maddalena appartenente ai marchesi Fregoso, signori di S. Agata.
Nel 1500 le sorelle tennero un educandato, al quale era adibita una parte del monastero adiacente alla chiesa, opportunamente delimitato e adatto a svolgere i vari insegnamenti di economia domestica, lavori di artigianato (dalla filatura e tessitura ai ricami ad ago, particolarmente gli arredi sacri).
L’educandato rimase aperto sin verso la fine del 1800.

Nel 1810 il monastero subì la soppressione napoleonica (Decreto 25 aprile 1810) e le sorelle, private di ogni cosa, furono costrette a tornare alle proprie famiglie. Lo stabile fu adibito a dimora civile, ma una sorella prese in affitto il braccio più antico del fabbricato per custodire il Coro e la Chiesa, salvando così, per circa cinque anni, il possesso della parte più importante del monastero.
Nel 1814, col ritorno di Papa Pio VII a Roma, le sorelle Clarisse tornarono al loro monastero, ma in numero sensibilmente ridotto e riebbero in parte le loro proprietà.
Il numero delle sorelle salì presto a 10 coriste e 4 converse: al risorgere delle sorti del paese corrispose la ripresa della vita claustrale.

La legge del 1866, con la quale furono incamerati tutti i beni religiosi, colpì anche la nostra comunità, sulla quale incombeva la minaccia di chiusura immediata: si concedevano solo 40 giorni per sgombrare lo stabile e sistemarsi tornando alle proprie famiglie. Il Signore ascoltò la preghiera delle sorelle che assistettero ad un intervento prodigioso. Si narra infatti dell’apparizione di una suora che, sporgente da un finestrino del tetto, pregava e benediceva il monastero mentre tutta la comunità era in Coro e che fu vista da gente del luogo e da un padre Cappuccino. Pochi giorni dopo, le sorelle ricevettero la notizia che non dovevano più lasciare il monastero, a condizione che fossero almeno sei.

L’ultimo scorcio del XIX secolo, tuttavia, fu segnato da altri eventi dolorosi: le sorelle erano rimaste soltanto due, il corpo del monastero era divenuto proprietà del Comune che non permetteva nessuna vestizione né professione religiosa, costringendo in questo modo il monastero a giungere ad una “naturale” estinzione. Il monastero però fu ricomprato al Comune da una vedova, che desiderava diventare clarissa.
All’aprirsi del XX secolo la comunità conobbe una nuova fioritura vocazionale. Tra queste sorelle ricordiamo suor Veronica Vivarelli, entrata nel novembre 1907 e morta il 4 ottobre 1919 in concetto di santità a soli 30 anni.

Nel corso degli anni ’70 le sorelle della comunità chiesero ed ottennero l’aiuto di una sorella che guidasse la comunità dalla vicina fraternità di Clarisse di S. Marino: M. M. Luigia Albertini. Grazie alla sua presenza e lungimiranza, all’inizio degli anni ’80, le sorelle si rivolsero al monastero di Albano Laziale per chiedere la presenza di alcune sorelle che portassero un nuovo slancio evangelico nella comunità che da quasi 25 anni non accoglieva più nessuna giovane.
Dal 1983 la comunità ha progressivamente cambiato volto con l’ingresso di diverse giovani, provenienti da tutt’Italia. Oggi la comunità è costituita da 12 sorelle di cui una novizia.

In questi anni la fraternità si è aperta all’accoglienza di gruppi e singoli che chiedono che venga loro spezzata la Parola e di condividere momenti di preghiera con la comunità.
Inoltre, data la giovane età della maggior parte delle sorelle, sempre maggior rilievo sta assumendo il lavoro. A quello classico come il ricamo, il rammendo, le ostie si è aggiunta la produzione di icone (sia dipinte che incollate), la lavorazione del cuoio, del legno e della cera, la produzione di immagini e lavori di battitura al computer.

 

San Francesco a S. Agata