Parola della Domenica
18 Maggio 2025 -
5 Domenica di Pasqua - anno C
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-33a.34-35)
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Il mistero dell’amore
Nel vangelo di domenica scorsa abbiamo incontrato il Risorto che chiamava Pietro a seguirlo (“seguimi” Gv 21,19), dopo avergli affidato per tre volte il suo gregge (“Pasci le mie pecore” Gv 21,15.16.17); oggi la liturgia si focalizza su Colui che siamo tutti chiamati a seNella liturgia di questa domenica il Signore ci chiama a fare memoria di una Parola che egli ha pronunciato durante la cena prima della sua Pasqua, subito dopo il gesto della lavanda dei piedi, là dove il “Signore e il Maestro” ha mostrato ai suoi discepoli fino a dove si spinga il suo amore per loro: “dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (cfr. Gv 13,1).
Qui Gesù ha aperto una via, “nuova e vivente” (come dirà Eb 10,20) perché passa per la sua vita, per rivelare il grande amore con il quale Dio ha amato il mondo.
La parola che oggi Gesù ci consegna ha qui il suo fondamento: l’Amore di Dio così come Gesù ce lo ha rivelato precede ogni chiamata all’amore. Con il gesto della lavanda dei piedi Gesù prepara i piedi dei discepoli a seguirlo sulla via dell’amore fino alla fine. Ma è necessario che Lui apra la strada, cioè che viva fino in fondo la sua Pasqua di morte e resurrezione, perché questa via diventi percorribile per i discepoli.
Gesù è molto chiaro: prima che Gesù percorra la via della croce i discepoli non possono seguirlo: “dove vado io, voi non potete venire” (Gv 13,33). E a Pietro che protesta poco più tardi chiedendo di seguirlo dice: “dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi” (Gv 13,36). Anche se per ora quella via è preclusa ai discepoli, questo non significa che Gesù voglia tenerli lontani da dove lui sta andando: “quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via” (Gv 14,3-4).
È necessario che Gesù apra per primo la via, la via dell’amore “fino alla fine” (Gv 13,1). Solo allora sarà possibile seguirlo sulla medesima via. Anzi la chiamata a seguirlo sarà l’ultima parola che il Risorto lascerà a Pietro: “seguimi” (Gv 21,19.22).
Ora seguire Gesù ci permetterà di vivere la Parola che oggi Gesù consegna con insistenza ai suoi: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Secondo lo stile circolare dell’evangelista Giovanni che torna e ritorna sui medesimi concetti portandoli a una comprensione sempre più profonda, notiamo che la chiamata all’amore reciproco è ripetuta per ben tre volte in pochi versetti. Al cuore di queste tre parole molto simili, Giovanni pone il fondamento del comandamento di Gesù: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Gesù può chiedere un amore reciproco ai discepoli ponendo a fondamento di quell’amore il fatto che Lui ci ha amati.
E non si tratta semplicemente di amare “come” Lui ha fatto, ma di amare “poiché” Lui ci ha amato. Nel testo greco infatti il termine che noi solitamente traduciamo “come” (kathos) significa anche “poiché”. Gesù può comandare ai suoi un amore “come” il Suo “poiché” li ha amati fino all’estremo. Non sarebbe possibile nessun amore reciproco senza la scoperta di essere stati amati così da Lui.
È interessante che questa chiamata all’amore sia definita da Gesù un comandamento “nuovo”.
In realtà questo comandamento affonda nelle Scritture del Primo Testamento le sue radici. Quindi è un comandamento “antico”, ma Gesù può dire che si tratta di un comandamento “nuovo” per un motivo molto particolare. Dirà infatti Giovanni nella sua prima lettera: “non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio. Il comandamento antico è la Parola che avete udito. Eppure vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in lui e in voi” (1Gv 2,7-8). Il comandamento di Gesù è “nuovo” e questo “è vero in lui e in voi” (1Gv 2,8). Questo comandamento è nuovo perché nuova è la forma con cui Lui l’ha vissuto. La novità assoluta di questo comandamento quindi, è Lui, è il “come io ho amato voi”.
Il comandamento dell’amore percorre tutta la Scrittura, ma il Crocifisso risorto lo ha reso “nuovo”, mostrandoci un amore “sconosciuto ai nostri occhi” (come si proclama nel rito del Matrimonio) e alle nostre misure, ma ora rivelato e donato a noi.
È nuovo “in lui” perché rivela fino a che punto si sia spinto l’amore del Padre per il mondo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3,16); “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (cfr. Rm 5,6-10).
Ed è nuovo “in noi” in quanto il Suo amore per noi ci dona la possibilità di amare come siamo stati amati da Lui. Quell’amore che è impossibile agli uomini, Dio lo ha reso possibile, amandoci “fino alla fine”.
La grandezza di questa chiamata all’amore è ancora ulteriore: non solo saremo riconosciuti come suoi discepoli per l’amore che avremo gli uni per gli altri, ma il nostro amore reciproco è il prolungamento del Suo amore. Il Suo amore trova compimento “in noi”, continuando la sua corsa verso ogni uomo, ormai riconosciuto come fratello, attraverso il nostro amore. Grande è il mistero dell’amore!