Vivere il Vangelo
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Il nostro Ordine ha avuto origine
dall’ispirazione suggerita dal Signore al beato Francesco di Assisi,
di vivere nella Chiesa secondo la forma del santo Vangelo.
La Santa Madre Chiara,
pianticella del medesimo padre Francesco,
resa partecipe di questa vocazione, ce la trasmise (CC.GG. art.1).
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Diventare Vangelo
a S. Agnese di Praga,12-13 : FF 2888)
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…alla Sua immagine siamo chiamati a diventare conformi (cfr. CC.GG. art. 2).
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Il Vangelo è Cristo
Il Figlio di Dio si è fatto nostra via (cfr Gv 14,6); |
Il Vangelo è una persona, non un libro,
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Il Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo
nella quale la Regola affonda le radici,
è il lieto annunzio del mistero della salvezza,
la rivelazione di Dio trino e uno,
nel mistero di Cristo Verbo incarnato,
alla cui immagine
siamo chiamati a diventare conformi (CC.GG. art. 2).
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Tutta la Scrittura parla di Cristo
Le fragranti parole del mio Signore,
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Di Lui, principio e fondamento di tutta l’opera creatrice e redentrice,
rende testimonianza lo Spirito nelle Scritture,
sia dell’Antico come del Nuovo Testamento.
L’intera forma della nostra vita
è ordinata a vivere il Santo Vangelo,
nello spirito della beatitudine della Vergine Maria
e di tutti i credenti (CC.GG. art.2).
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La perfezione del Santo Vangelo
Il beato padre Francesco poi, Regola di S. Chiara VI,3 : FF 2788) |
Francesco scrive queste poche parole
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La vita secondo la perfezione del Santo Vangelo
è per Francesco e Chiara la persona stessa di Gesù Cristo,
che ci ha chiamato
e ci ha dato il mandato di vivere in sua memoria (CC.GG. art. 3).
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La perfezione del Vangelo, Cristo povero e crocifisso
Il beato padre Francesco poi, (Santa Chiara di Assisi, |
Vedi che Egli per te
si è fatto oggetto di disprezzo,
e segui il suo esempio rendendoti,
per amor suo,
spregevole in questo mondo.
Mira, o nobilissima regina, lo Sposo tuo,
il più bello tra i figli degli uomini
(Sal 44,3),
divenuto per la tua salvezza
il più vile degli uomini,
disprezzato, percosso e in tutto il corpo
ripetutamente flagellato
(cfr. Mt 19,20; 27,26),
e morente perfino tra i più struggenti
dolori sulla croce.
Medita e contempla e brama di imitarlo.
Se con Lui soffrirai, con Lui regnerai (cfr. Rm 8,17; 2Tm 2,12);
se con Lui piangerai, con Lui godrai;
se in compagnia di Lui morirai (2Tm 2,11) sulla croce della tribolazione,
possederai con Lui le celesti dimore nello splendore dei santi (Sal 109,3),
e il tuo nome sarà scritto nel Libro della vita (Fil 4,3; Ap 14,22)
e diverrà famoso tra gli uomini.
La perfezione del Vangelo è l’Amore
che si è fatto conoscere nella croce del Figlio.
Lì possiamo comprendere l’Amore con cui siamo amati,
lì siamo giudicati dall’Amore che non abbiamo,
lì noi che eravamo perduti,
siamo stati ritrovati.
La croce è la misura dell’amore
E del Vangelo.
La misura e il fondamento della nostra forma di vita,
per cui è vivere quella povertà, nella nudità del Povero,
vivere quella obbedienza, nella consegna del Figlio
Egli che ha spogliato se stesso
fattosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce,
passato da questo mondo al Padre
ci ha donato la pienezza dello Spirito
e ci presenterà alla fine dei tempi come Regno al Padre suo,
affinchè Dio sia tutto in tutti (CC.GG. 3,1).
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In santa unità e altissima povertà
A colei che è
la metà dell’anima sua
e santuario
di un singolare
e cordialissimo amore,
all’illustre regina,
sposa dell’Agnello
e Re eterno,
a Donna Agnese,
madre sua carissima
e figlia tra le altre
la più amata, Chiara, serva indegna
di Cristo ed ancella inutile (Cfr. Lc 17,40)
delle serve del Signore dimoranti nel monastero di San Damiano in Assisi,
invia il suo saluto e l’augurio di poter sciogliere un cantico nuovo,
in compagnia delle altre santissime vergini,
davanti al trono di Dio e dell’Agnello
e di accompagnare l’Agnello ovunque vada (Ap 14,3-4).
Questa esperienza del Cristo fa di noi delle pellegrine,
come un piccolo gregge contento di Dio solo,
in cammino ogni giorno,
per divenire ciò che è chiamato ad essere.
Ci fa sorelle e povere
dove la povertà altissima, quella del Figlio di Dio,
rende possibile la santa unità ed è da essa custodita.
Si è sorelle perché ci si riconosce povere,
sorelle lì dove abbiamo bisogno di Lui e di chi ci è accanto.
Una fraternità che non nasce dal mettere insieme i doni di ciascuno,
ma la piccolezza e la povertà di ognuna,
una creaturalità che si è consegnata a Dio,
che si è lasciata trovare e salvare
e diventa quindi luogo della condivisione di ogni perdono,
dell’annullamento di ogni lontananza.
La santa unità è la forma del Vangelo,
cioè il Vangelo è compreso e realizzato essendo sorelle,
vivendo la ricerca del noi,
dell’unico cuore e della unica anima…
Questa esperienza di Gesù Cristo che vive in noi come speranza della gloria,
ed è la fondamentale e somma perfezione evangelica,
si realizza per noi che passiamo per il mondo come pellegrini e forestieri,
in una forma di santa unità e altissima povertà,
per la quale seguendo le orme dello stesso Cristo e della sua santissima madre,
scegliamo di vivere corporalmente rinchiuse,
e servire Dio in povertà somma (CC.GG. 3,2).
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