La mensa della Parola
Probabilmente derivato dall’almemor delle sinagoghe, nell’edificio ecclesiastico “ambone” designa un luogo elevato dove i lettori e i diaconi leggono i testi biblici e la preghiera dei fedeli, il diacono proclama l’exultet; il salmista alterna con il popolo il salmo responsoriale; da esso infine vengono rese note le feste mobili nella solennità dell’Epifania e comunicati importanti avvenimenti (sull’ambone di Santa Sofia in Costantinopoli venivano incoronati gli imperatori).
L’ambone deriva il proprio nome dal greco “anabaino” (salire) perché si sale, oppure da “ambio” (cingere) perché cinge chi vi entra, oppure dal latino “ambo” (due) perché ha la scala da due lati. Fu chiamato anche “analogium” (ana-logos) perché vi si proclama la Parola che viene dall’alto, o pirgus (pyrgos) perché elevato come torre, e suggestus con accentuazione variata di “luogo alto” della Parola (cfr. Crispino Valenziano, L’ambone aspetti storici, in AA.VV., L’ambone, tavola della Parola di Dio, Edizioni Qiqajon, Bose, 2006, p. 89-91).
Così infatti lo descrive l’Ordinamento delle Letture della messa del 1982 (OLM): “Nell’ambiente della chiesa deve esserci un luogo elevato, stabile, ben curato e opportunamente decoroso, che risponda insieme alla dignità della Parola di Dio, suggerisca chiaramente ai fedeli che nella messa viene preparata la mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo”. E l’Introduzione al Messale aggiunge: “L’importanza della Parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata e verso il quale, durante la liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l’attenzione dei fedeli” (PNMR 272). Motivo di questa sottolineatura del luogo dell’annuncio della Parola di Dio è la convinzione che, quando viene annunciata la Parola della Scrittura, Cristo è presente veramente. Così nell’elaborazione di una teologia della Parola di Dio viene sottolineata l’intima relazione fra Parola di Dio e celebrazione dell’Eucarestia: “Alla Parola di Dio e al mistero eucaristico la Chiesa ha tributato e sempre e dappertutto ha voluto e stabilito che si tributasse la stessa venerazione, anche se non lo stesso culto; mossa dall'esempio del suo fondatore, essa non ha mai cessato di celebrare il mistero pasquale, riunendosi insieme per leggere "in tutte le Scritture ciò che a lui si riferiva" (Lc 24, 27), e attualizzare, con il memoriale del Signore e i sacramenti, l'opera della salvezza. È infatti "necessaria la predicazione della parola per lo stesso ministero dei sacramenti, trattandosi di sacramenti della fede, la quale nasce e si alimenta con la parola". Nutrita spiritualmente all'una e all'altra mensa, la Chiesa da una parte si arricchisce nella dottrina e dall'altra si rafforza nella santità. Nella parola di Dio si annunzia la divina alleanza, mentre nell'Eucaristia si ripropone l'alleanza stessa, nuova ed eterna. Lì la storia della salvezza viene rievocata nel suono delle parole, qui la stessa storia viene ripresentata nei segni sacramentali della liturgia. Si deve quindi sempre tener presente che la parola di Dio, dalla Chiesa letta e annunziata nella liturgia, porta in qualche modo, come al suo stesso fine, al sacrificio dell'alleanza e al convito della grazia, cioè all'Eucaristia” (OLM 10).La celebrazione della Messa ha dunque due punti di cristallizzazione: liturgia della Parola e Eucarestia, ai quali corrispondono anche due luoghi: mensa della Parola e mensa del banchetto; ambone e altare. Da ciò consegue propriamente e del tutto ovviamente che i due luoghi devono corrispondersi e che di fatto essi hanno pari importanza, che deve risultare anche dalla loro conformazione (cfr. K. Richter, Spazio sacro e immagini di chiesa, EDB, 2002, p. 85-87).
Teologia dell’ambone
Pur facendo risalire all’uso sinagogale funzione dell’ambone e riprendendone da Neemia 8,1-12 la iniziale struttura lignea, l’ambone ha vissuto una trasposizione culturale e transignificazione operata dalle comunità cristiane che lo hanno guardato come il sepolcro vuoto pasquale.
L’ambone è il luogo dal quale nella liturgia si annuncia la resurrezione del Signore, si annuncia che Lui è vivo. Simbolicamente richiama il giardino dove il mattino di Pasqua l’angelo ha dato l’annuncio alle donne: “voi cercate il Crocifisso. Non è qui. E’ risorto”. Il Vangelo per eccellenza, che ogni Parola di Dio contiene ed annuncia, è questo: il Crocifisso è risorto.
Nella mistagogia classica il diacono è il nuntius, l’“evangelista”, l’“angelo” rituale della celebrazione liturgica. Egli va e viene dal santuario all’ambone, dalla navata all’ambone, per interventi che sono sempre degli “annunci”. Le sue “evangelizzazioni” sono tutte pasquali perché egli è il ministro della Parola che viene proclamata nella celebrazione pasquale che è l’eucarestia. Perciò l’ambone è il luogo per eccellenza del diacono. L’ambone infatti è la metafora della tomba vuota, la cui pietra è stata rotolata via secondo Mc 16,1-4: “Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome …vennero al sepolcro. E dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà la pietra dall’ingresso del sepolcro?”. Ma guardando videro che la pietra era già stata rotolata. Infatti era molto grande”.
Secondo Matteo 28,2 l’angelo della resurrezione si fermò lì, e si pose a sedere su di essa. Il diacono invece, che dell’annuncio è angelo e uditore, vi sta sempre in piedi. Stare è la postura di chi attualizza l’anastasi, la resurrezione. Perciò nessuno siede mai all’ambone: il leggio stesso è indice di tale anastasi. Il leggio, così come si è sviluppato nel secondo millennio, rispetta canonicamente il conformarsi ad aquila: in tal modo mostra il primato dell’evangelista Giovanni, che, ricevuto con Pietro l’annuncio pasquale da Maria Maddalena corre con lui al sepolcro e qui giunge per primo. I leggi quindi sono in una relazione strettissima con la triplice testimonianza pasquale di Maria Maddalena, Giovanni e Pietro.. Gli annunci che il diacono proferisce dall’ambone non sono sempre presi dall’evangeliario, ma sono tutti pasquali.
Ambone ed evangeliario
L’ambone raccoglie gli elementi principali del suo essere simbolico: l’evangeliario e il candelabro pasquale.
Il cuore dell’ambone, il Risorto nell’ambone, è simbolicamente rappresentato dall’evangeliario. L’evangeliario che sta sull’altare, viene portato processionalmente dal diacono all’ambone con i segni della massima venerazione. Esso evoca l’ingresso del Verbo nella storia del mondo, nel mistero dell’incarnazione, e in Gerusalemme al canto dell’osanna nella festa delle palme. Ciò che accompagna questa processione (ceri accesi, incenso, l’acclamazione, l’alzarsi in piedi, il benedire con l’evangeliario) richiama la presenza di Cristo nella Parola e il suo insegnamento al centro e al cuore della vita della chiesa. L’evangeliario sotto il segno del libro e il suo annuncio rituale sono stati venerati da sempre nella chiesa. Il rivestimento prezioso e artistico dell’evangeliario presenta nella parte anteriore l’icona della crocifissione, con agli angoli i simboli degli evangelisti; in quella posteriore l’icona del Kyrios nella sua discesa agli inferi.
Ambone e candelabro pasquale
Il candelabro che accoglie il cero pasquale è la “festa” dell’ambone. Porta la presenza del Cristo/luce che ha vinto le tenebre della morte e accompagna l’annuncio con il segno della presenza del Risorto. Nel corso dei secoli è stato curato artisticamente con varie forme simboliche che rimandano al Cristo: con forme a doppio torciglione (Cristo uomo/Dio), con emblemi posti su una colonna antropomorfa e avvolta a spirale dal serpente innalzato (Salvatore); con forma ad albero (croce); con forma a colonna di fuoco dell’esodo (con richiamo battesimale).